energia pulita e carbone: la doppia scommessa energetica della cina

Emma Karter

La Cina, gigante economico asiatico, si trova al centro di una transizione energetica che unisce innovazione e tradizione. Mentre il 10% del suo prodotto interno lordo deriva ormai da fonti di energia pulita, gran parte della sua economia si basa ancora sul carbone. Questa dicotomia riflette una strategia pianificata, radicata nella storia e nella filosofia del Paese.

il grande balzo dell’energia rinnovabile

In un’era in cui il mondo si orienta verso la sostenibilità, la Cina si è posizionata come leader nel settore delle energie rinnovabili. I suoi investimenti massicci in tecnologie verdi stanno ridefinendo il panorama energetico globale. Con l’obiettivo di trasformarsi in un “elettrostato”, la Cina punta a far funzionare la sua economia principalmente attraverso l’elettricità generata da fonti a basse emissioni di carbonio. Questa spinta verso un futuro più verde si manifesta non solo nell’aumento della capacità di produzione di energia solare ed eolica ma anche nello sviluppo di tecnologie all’avanguardia come veicoli elettrici e sistemi di stoccaggio energetico avanzati.

Il governo cinese ha adottato un approccio metodico nella sua transizione energetica. Fin dagli inizi dell’ultimo decennio, sotto la guida di Xi Jinping, la Cina ha investito in infrastrutture elettriche con un occhio al lungo termine. Questo include la costruzione di linee ad altissima tensione, essenziali per trasportare efficientemente l’energia solare ed eolica prodotta in luoghi remoti verso i centri urbani. Inoltre, la Cina è all’avanguardia nello stoccaggio energetico grazie a colossi come CATL e BYD, che dedicano percentuali significative dei loro ricavi alla ricerca e sviluppo di soluzioni avanzate per migliorare l’efficienza e abbattere i costi delle batterie.

la dipendenza dal carbone: una sfida persistente

Nonostante l’espansione delle energie rinnovabili, la Cina non ha rinunciato alla sua dipendenza dai combustibili fossili. In effetti, continua a costruire nuove centrali a carbone, rappresentando un vasto contributo alle emissioni globali di CO2. Questo paradosso è al centro delle critiche internazionali: da un lato, la Cina si presenta come campione della sostenibilità, dall’altro mantiene un piede ben saldo nella tradizione del carbone.

La motivazione dietro questa dualità è complessa. Innanzitutto, il carbone fornisce una stabilità energetica immediata che le rinnovabili non possono ancora garantire completamente. Inoltre, le tensioni sulle catene di approvvigionamento globali, acuite dalla guerra commerciale con gli Stati Uniti, hanno spinto Pechino a rafforzare il suo controllo su risorse critiche come il carbone e il petrolio. Questa strategia assicura al Paese una certa indipendenza energetica, riducendo al contempo i rischi associati a eventuali interruzioni negli approvvigionamenti esterni.

doppio gioco energetico e radici filosofiche

La politica energetica cinese è fortemente influenzata dalle sue radici filosofiche, dove il concetto di dualità, derivato dal taoismo, gioca un ruolo centrale. Nei piani di Pechino, le energie rinnovabili e i combustibili fossili non sono visti come opposti inconciliabili, ma piuttosto come forze complementari. Questa visione filosofica delinea un sistema in cui rinnovabili e fossili coesistono, garantendo sia una transizione a lungo termine verso un modello più sostenibile, sia una sicurezza energetica a breve termine.

Mentre la comunità internazionale si interroga su come affrontare il cambiamento climatico, la Cina procede con una strategia mirata che punta a mantenere l’equilibrio tra innovazione e continuità. Scegliendo di sostenere contemporaneamente le infrastrutture vecchie e nuove, Pechino dimostra di essere disposta a giocare entrambe le mani sul tavolo dell’energia globale. In questo, la Cina non solo ridefinisce il suo destino energetico, ma influenza anche il futuro dell’approvvigionamento energetico mondiale.

Lascia un commento